Elena Benevento 28 - STEFANO CARLO VECOLI - NUOVO

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Elena Benevento 28

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“Presenze Toscane” in un laboratorio di scrittura creativa.
Pubblicato da Elena Benevento in Pittura - Presenze Toscane · 15 Marzo 2016
Tags: vecoli, benevento, presenze, toscane, scrittura, creativa
“Presenze  Toscane”  un dipinto che diventa anche oggetto/soggetto di lezione in un laboratorio di scrittura creativa tenuto dalla dottoressa Elena Benevento in un Centro  di riabilitazione psichiatrica in Toscana. Ecco a è la sintetica cronaca di quanto un dipinto possa suscitare emozioni.

Questo è quanto ci racconta sinteticamente la dottoressa:
<Oggi ho portato loro la stampa di un quadro, Presenze Toscane, realizzato da Stefano Carlo Vecoli, un architetto, uno scrittore, un pittore, un artista: per me, il professore di Storia dell’Arte del liceo. Un quadro che a me piace molto, perché è contrastante, è fermo ma si dissolve, le cime alte al vento, le cupole gonfie in fila per tre. È terra e cielo assieme e qui alla Luna Azzurra, il cielo non è mare e non è terra.
E quest’oggi si vola con la fantasia che davanti ad un quadro si desta.
I ragazzi guardano la stampa da lontano, poi la faccio girare tra le loro mani, percorrono la linea sinuosa degli alberi con la punta delle dita. Nel sole c’è il tramonto, confusione, nessuno si muove.
Hanno colto l’essenziale, la struttura di senso elementare, l’immobilità della leggerezza di chi può volare.
Gli occhi chiusi per scappare da una quotidianità assordante e lo slancio verso un domani incerto.
L’atmosfera che gira e l’aria pulita che tiene sospese le due mongolfiere, come fossero vele di un vascello; gli alberi steccoliti contro un cielo che irradia luce propria.
L’Universo. Il vortice, il mosaico di porcellana e pelle. La rosa e la mela hanno lo stesso antenato.
La cecità nera e la cecità bianca della luce. Il troppo ed il nulla che accecano.
Ho presentato loro il dipinto senza un’introduzione, una spiegazione, in modo tale che nulla potesse influenzare o limitare la libertà dell’immaginazione; ho accolto le parole, la precisione, la visionarietà.
E questi i loro commenti.
- Secondo me si tratta di alberi con un vaso a forma mutata, addolcita e sinuosa, quindi di un paesaggio campestre. Tutto questo però mi fa pensare alla tristezza, alla povertà, alla semplicità, ad una cosa elementare. Le curve ad onde morbide ma tristi.
- Libertà dall’oppressione verso nuovi orizzonti da raggiungere. In alto, il brutto in basso resta lontano, perché lontano tutto è più piccolo e non spaventa.
- Un tramonto messicano.
- Nel sole c’è il tramonto, confusione; ci sono due aquiloni di stoffa di sole, bianco il sole, il cielo insieme di luna e girandole. Il cielo entra e nessuno si muove, l’aquilone, la pianta sopra color delle rose. Il vento e la terra, il calore dove entrano tutti insieme color giallo. Colore del sole anche quando non lo vediamo.
- Nel disegno vedo l’atmosfera che gira. Ho notato due mongolfiere quindi immagino che l’artista voglia dire energia pulita e non più inquinata. Perché in alto è purificato il cielo e si purifica chi riesce a spingere lo sguardo fin lassù, senza ferirsi con i raggi di luce.
- L’Universo.
- Alla ricerca del tempo perduto, un vortice di sensazioni che ci assorbe nella quotidianità assordante di un incerto domani. Gli alberi che si stagliano in primo piano, steccoliti e con foglie verdi come il cielo che si staglia nell’orizzonte di un cielo che irradia luce. Domani forse è freddo.
- Mi sembrano delle vele di barche in una giornata di sole. Vele al vento ma più dolci perché non c’è nessuna tempesta. Un mare rosa e giallo, di oro, di perla preziosa.
- Il brio della vita distribuito dall’arrivo di ostacoli, la palizzata di alberi imponenti e scuri che ostruiscono la luce. Ma la luce splende indifferentemente su tutti, buoni e cattivi, ed è calda o fredda e non vede.
- Una primavera sul suo tramonto romantico, una sensazione di vana libertà. La terra è una trappola, io il ragno e lei la ragnatela, ed io la mosca che aspetta che la si mangi.
- Mi fa pensare alla canzone di Lucio Battisti “I giardini di Marzo”.
A mezzogiorno la lezione termina, raccolgo i fogli, le penne, qualche sorriso, il mio sorriso.
Soddisfatta di aver portato un pizzico di arte e bellezza a questi “scrittori” liberi e puri, di averli fatti divertire ed aver dato loro la possibilità di ritrovare ancora una volta se stessi davanti a qualcosa di originale: oggi il nostro specchio è stato una piccola pennellata e non la riga stampata di qualche libro d’autore>.

Dott.ssa Elena Benevento  

Viareggio maggio 2014


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